"A Sort of Mysticism": Re-examining the Reception of Robert Schumann’s Late Sacred Music

Sonja Wermager (Columbia University)

Why have Robert Schumann’s Mass in C minor (op. 147) and Requiem (op. 148), composed in 1852, received so little scholarly attention? Why have so many critics and scholars sought to dismiss these works as unrepresentative of Schumann’s career, or even as products of his struggles with mental illness? To answer these questions, I examine Schumann’s larger historical context, arguing that the dismissal of his sacred works was influenced by the phenomenon of “religious madness” in mid-nineteenth-century Germany. Drawing on Ann Goldberg’s investigation into German asylums during this period, I analyse the reception of Schumann’s sacred works against the history of the nascent field of psychiatry and its practitioners’ efforts to combat a surge in popular religious expression that they felt threatened post-Enlightenment tenets of rationality and scientific progress. Viewed in a broader historical context, therefore, the critical dismissal of Schumann’s late sacred works can be seen as extending directly from a discourse shaped by the intersection of medicine, gender, class, and religion in mid-nineteenth century Germany. In making this argument, I aim to historicize a key facet of Schumann reception while also contributing to a growing body of scholarship that highlights the influence of the history of medicine on music criticism and interpretation.

Perché la Messa in Do minore (op. 147) e il Requiem (op. 148) di Robert Schumann, composti nel 1852, hanno ricevuto così poca attenzione dagli studiosi? Per quale ragione così tanti critici e studiosi hanno cercato di liquidare queste opere come non rappresentative della carriera di Schumann, o addirittura come prodotti della sua lotta con la malattia mentale? Partendo da queste domande, nel presente contributo mi concentro sul contesto storico, ed esamino l’influenza che la “follia religiosa” dell’epoca ebbe sul rigetto critico delle opere sacre di Schumann. A partire dallo studio di Ann Goldberg sui manicomi tedeschi del tempo, il contributo legge la vicenda della ricezione delle opere sacre di Schumann nel contesto della scienza psichiatrica allora agli albori e degli sforzi attuati per combattere un’impennata della religiosità popolare che minacciava i princìpi di razionalità alla base della nascente scienza e, in generale, la cultura post-Illuministica e progressista di quegli anni. Analizzato in un contesto storico più ampio, il rifiuto da parte della critica del tardo Schumann può essere visto come il risultato di una congiuntura culturale e un discorso in cui confluivano questioni cliniche, di genere, classe e religione che caratterizzavano la Germania di metà Ottocento. Obiettivo dell’indagine è, dunque, quello di storicizzare un aspetto chiave della ricezione di Schumann, in linea con il crescente interesse degli studi verso l’analisi di connessioni e influenze tra la storia della medicina e quella della critica e dell’interpretazione musicale.